sabato 30 marzo 2013

Morire di Sport


Editoriale dell'OrcoIng
Si muore per ogni evento e per ogni attività umana. Gli incidenti sono insiti in tutte le attività sportive e a maggior ragione in queste particolarmente esposte a eventi atmosferici avversi.
Sappiamo perfettamente che la visita medica  sportiva ha una certa  valenza per individuare patologie  , soprattutto cardiologiche,  non certo infarto o semplicemente la predisposizione ad esso. Riteniamo comunque che essa sia necessaria, anche se ci sarebbe molto da dire  su troppe pseudo visite, che come tutto ormai in Italia, rincorrono il falso mito del  Low cost.
Abbiamo così quietato la coscienza e soprattutto la responsabilità oggettiva degli Organizzatori.
Ma il movimento trail in Italia sta assumendo  anno dopo anno  dimensioni imponenti  e di conseguenza incontrollabili.
Anni fà un trail di 42 km in montagna era semplicemente inimmaginabile, riservato ad una elite ristrettissima di atleti o di fachiri.
Sempre più concorrenti, non atleti, si cimentano con le lunghe distanze, gli organizzatori fanno a gara  ad allungare a dismisura i percorsi, a renderli sempre più accidentati, dislivelli imponenti oltre i 2000 metri, sentieri talvolta appena tracciati, si corre con qualsiasi condizione climatica, di notte e di giorno, sulla sabbia  e lungo il mare,  nella neve e sotto la neve,sulle dune del deserto, in Himalaya o in Tibet, nell’Atlante del Marocco o nel Parco del Mercantour, a spasso nel Monte Bianco o in Dolomiti, o più prosaicamente  in Val Pellice dove però è necessario fare almeno 55 k.
Ma chi sono i partecipanti?
Basta andare a vedere in certe gare, tanto per mettere il dito nella piaga o comunque anche nei trail medio lunghi.
Almeno la metà sono concorrenti che non hanno nessuna conoscenza della montagna, non hanno esperienze alpinistiche, non  si sono mai confrontate con una tormenta di neve, patito il vero freddo  delle cime delle nostre Alpi, di inverno e d’estate, smarrito il sentiero nella nebbia o nella neve o semplicemente combattuto con le proprie energie per arrivare su una punta.
Il trail nell’accezione moderna che vediamo,sta  sempre più diventando un surrogato dolciastro della montagna, stiamo cercando di addomesticare la montagna ed i suoi percorsi, trasponendolo in una sorta di  Sky Dome a temperatura e ambiente controllato. Ma il piacere e la voglia di correre in montagna quella vera, ci fa ricercare percorsi aerei, montagne mozzafiato, panorami grandiosi.
Pretendiamo  quindi che i sentieri siano puliti, senza ostacoli  evidenti, che siano ben segnati e tracciati, che ci sia un servizio di ordine e controllo capillare ed efficiente, che i ristori siano frequenti, ricchi di  bevande calde, pretendiamo di trovare sui colli sempre del personale di soccorso.
Ma tutto ciò è appannaggio necessariamente delle gare più importanti e quindi più sponsorizzate, dove il soccorso alpino è efficientissimo.
Oltre a queste poche eccezioni si stanno riversando sul mercato nostrano  una incredibile offerta di percorsi, dove però gli organizzatori non sono assolutamente in grado di garantire un servizio efficiente e capillare e contemporaneamente i partecipanti ,nella stragrande maggioranza ,arrivano come in un  crescendo dalla strada, dai cross e da qualche  tapasciata  appenninica.
Beh, se ho fatto una corsa collinare da 25 km posso sicuramente passare ai grandi trail  da 40 km e oltre
Si  comprende benissimo che tutto ciò è puramente utopistico.
In certe gare almeno la metà non hanno la preparazione idonea, e non sono abbastanza attrezzati e soprattutto non pronti psicologicamente  a combattere con le avversità. La scarsità di preparazione  atletica determina  una caduta precoce della resistenza fisica e delle  riserve energetiche intrinseche. E l’ipotermia in tali condizioni ne diventa il corollario.
Insomma il buon senso e la esperienza, come in tutte le attività sportive, ci consiglia di stare  abbondantemente sotto i nostri limiti. Solo così si riescono a superare le avversità naturali  o climatiche  con una riserva di energie fisiche e mentali tali da farci uscire  velocemente dalle difficoltà.
Ecco che allora una autodiagnosi del concorrente si rende necessaria ma non sufficiente. Chi fà una 42 k deve  essere accreditato di una serie di esperienze similari dimostrate in fase di iscrizione.
Certo che questo diventerebbe un freno e un grosso limite  per tutti gli organizzatori, ma creerebbe un sistema virtuoso di limitazione delle gare, eliminerebbe buona parte di organizzatori improvvisati e soprattutto sarebbe un percorso di crescita per tutti i partecipanti.  E poi vale sempre il motto che chi partecipa ad un trail deve avere partecipato anche da volontario alla organizzazione di qualche gara (vedi gara U.S.A Western State)
Corriamo con la testa, la preparazione e soprattutto l’umiltà, meglio fermarsi o non partire proprio se riteniamo che sia aldilà delle nostre possibilità.

W GLI ORCHI




domenica 24 marzo 2013

Electric Trail Pont S.Martin (Ao) 24 Marzo 2013

Foto Electric Trail 2013
Classifica Electric Trail 2013
Edizione Electric Trail 2012
Sito Electric Trail
Sito Gli Orchi Trailers ASD

Preludio dell'OrcoPinoR

Forre e gole,
gorge e orridi,
enormi massi erratici
e poi marmitte glaciali,
boschi di castagne.
Un vino cercato e antico
in ripidi terrazzamenti
su sentieri arditi rubati ai monti
con salti d'acqua resi prigionieri.
Il seme dei Salassi mai spento. 

Tra le popolazioni preromane dell'Italia Nord occidentale, i Salassi (attuali abitanti della Valle D'aosta) possono certamente essere considerati gli esponenti più emblematici di quella cultura alpina che risenti profondamente del peso dell'invasione imperialistica di Roma.
Quasi completamente annientanti della potenza Romana (tra il 50 a.c. e 143 d.c.)  i Salassi non solo persero libertà ed i loro territori ma videro abbattere baluardi fondamentali di una cultura che aveva radici al di là e al di qua delle Alpi.
La condizione di vittime dell'imperialismo Romano ha fatto spesso dei Salassi il simbolo degli Eroi Tragici.


Dal racconto dell'OgreDoctor
Bellissima gara, parzialmente guastata dalle condizioni climatiche avverse che non ci hanno consentito di gustare appieno i panorami splendidi di questa parte della Valle d'Aosta.
Scelgo il tracciato più lungo, seguito in questa follia solo dall'OrcoPinoR. Mi sono fatto convincere a fare la TDS e così devo cominciare a macinare km e dislivello.
Si comincia a salire subito con gli interminabili scalini che portano a Ivery, si costeggia per un breve tratto la ripidissima salita dei tubi che convogliano l’acqua alla centrale idroelettrica 700 metri più a valle per poi raggiungere su una strada poderale a mezzacosta il paesino di Lillianes.

L’attraversamento del Lys permette di raggiungere il versante opposto ed arrivare al 18° chilometro nel comune di Perloz per inglobarsi nel vecchio percorso. In discesa do il meglio di me stesso e riprendo una 15 di posizioni in classifica. Mi sento bene, accelero, entro nel bosco seguendo una traccia ben visibile verde, uguale in tutto e per tutto a quelle della gara. Mi segue un po' distanziato un altro sventurato. Dopo un tratto di circa 15' incontro altri corridori, che mi vengono incontro da un bivio in direzione opposta. Stupito chiedo se hanno sbagliato strada.
Notizia terribile: sono io ad aver sbagliato strada. Dentro di me penso... non posso far finta di niente e proseguire, non sarebbe onesto. In pieno spirito trail torno indietro, cerco il percorso giusto, che intravedo solo perchè ci sono alcuni corridori sotto sul nastro d'asfalto, rifaccio a ritroso il percorso fino a raggiungere il punto di prima. Ritrovo il mio compagno di sventura che mi ha aspettato e riprendiamo la marcia. Mi informa che nel frattempo ho perso più di 1/2 ora e circa 20 posizioni. Sigh!
Il tracciato ora è quello comune alla 18 km, ricordo i passaggi dell'anno scorso e so cosa mi attende. Le gambe sono un po' legnose, le energie spese a recuperare il tempo perso mi fanno arrancare in salita. Attendo fiducioso la discesa e riprendo a correre a rotta di collo.
Arrivo al ponte del diavolo: ho terminato l’impresa dopo aver percorso 34 chilometri ed essersemi inerpicato per 2500 metri di pura salita. Sono contento, ho comunque dato il massimo!
Arrivato a casa, apprendo della tragedia alla Maremontana. La felicità per la gara appena conclusa, lascia lo spazio allo sgomento per la notizia di una vita spezzata e di una famiglia distrutta.
Ripercorro mentalmente il percorso dell'Electric Trail e rivedo quei sentieri a gradoni lastricati di pietre, resi viscidi dall'acqua e dal fango. Potevano farci molto male cadendo ed è solo la fortuna che ha fatto sì che la nostra giornata non venisse funestata da qualche infortunio.
Basta la firma su una liberatoria per essere a posto con la coscienza e lasciar partire una gara con dislivelli di tutto rispetto e condizioni meteo già in partenza avverse?

Il nostro è solo un gioco non dobbiamo dimenticarlo. Negli ultimi anni abbiamo assistito ad un inasprirsi delle difficoltà nelle gare, ad un allungamento dei percorsi e ad un aumento del dislivello, spostando sempre più in avanti il limite, quasi a provare a noi stessi di essere dei super uomini, dotati di un coraggio fuori dal comune. Di forza fisica e mentale e di coraggio sicuramente ne abbiamo altrimenti non affronteremo simili fatiche, ma forse il coraggio più grande sta nel saper rinunciare.



martedì 19 marzo 2013

Scialpinismo Rocco Verde Valle Stura (Cn) 16 marzo 2013

Foto Scialpinismo Rocco Verde

Dal racconto dall'OrcoIng
Rocco Verde versante Sud e Est   Per il Passo Fonget

quota di partenza (m): 1490
quota vetta (m): 2690
dislivello complessivo (m): 1200
difficoltà: BS :: [scala difficolta]
esposizione preval. in discesa: Nord
località partenza: Villaggio Primavera (Argentera, CN) 

descrizione itinerario:
str. vallone di feriere, rio forneris arrivati in fondo al vallone deviazione a sinistra penultimo canale, risalirlo e prima della strettoia a destra sulla dorsale tra i larici, tenere la dorsale e tenendo sempre la destra si arriva sotto la cresta che porta sulla punta.
Attenzione prima della cresta pericolo di distacco
 

Siamo in Valle Stura, la grande vallata per eccellenza della Provincia Granda, quasi 60 km di valle per raggiungere la spartiacque nonché confine Italo Francese  al Colle della Maddalena.
Oggi però, raggiunto Borgo San Dalmazzo non vogliamo espatriare, ma semplicemente  passato Demonte, puntiamo al paese di Argentera, anzi al villaggio Primavera, circa 1 km prima..
Invero Villaggio Fantasma, sorto dal nulla , quale Megalomane Stazione Total di sci, ad imitazione delle vicine e grandiose stazioni sciistiche Francesi .
Ma negli anni 70’ la provincia di Cuneo si stava aprendo al turismo di massa, al flusso di denaro dalla vicina Liguria nonché da Torino e al posto di una stazione integrata di sci è nato o meglio dire abortito un villaggio di centinaia di alloggi adibiti a seconde case. Grande bufala per la valle, per gli acquirenti, per il territorio in genere e per i suoi abitanti.
Siamo alla fine  del mondo (piemontese) per dirla con le parole del nostro buon  Papa Bergoglio
Attraversiamo le piccole strade secondarie del paese, non un alloggio abitato, anche il posto di frontiera posto proprio qui ha chiuso, sopravvive un alberghetto a due stelle, che al posto della reception ed hall, presenta  quasi un salotto di casa con un bellissimo camino ed una accogliente poltrona.
E dire che la sera prima, quando ricevo la telefonata di mio fratello per la gita al Rocco verde, il  nome mi ha evocato subito qualche cliente del Grande Fratello od al massimo la storia di Rocco e i suoi Fratelli, il famoso film di Luchino Visconti del 1960 con Alain Delon, Renato Salvatori sulla immigrazione dal Sud.
Comunque lasciato perdere i vari Rocco, ci dirigiamo in Valle Stura, dove appunto,bontà sua  giace il già non tanto famoso Rocco Verde (2690 m), posto su una contrafforte secondario  quasi a sorreggere la poderosa spinta della grande dorsale principale che ci separa dalla vicina e francese Val Tinee’, a ridosso delle grandi punte del Tenibres  (3031 m) e  della Enchastraye (2955).
Inforcati gli sci praticamente alle spalle del nostro Bel paese, puntiamo su per  la strada che percorre il vallone laterale  del Ferriere.
Circa 40 ‘ di percorrenza di questa stradina innevata  ci portano quasi alla testata della valle, dove invece di  risalirne la testata a Sud, ci inoltriamo nel penultimo canale a sinistra. Comincia qui una notevole risalita su un forte pendenza di un canale posto su un cono di deiezione e come tale battuto dalle valanghe.
Fortunatamente il canale riporta tracce di grandi fenomeni valanghivi  che ci segnalano che ormai è già avvenuto il distacco delle masse nevose più importanti , e salendo rapidamente per circa 500 metri  con  numerose deviazioni  tra ripidi boschi di larici posti ai lati del canale,  alla quota di 2100 metri ci ritroviamo nella parte alta del bacino sospeso. A questo punto si intravvede già la cima rocciosa del nostro Rocco Verde, ma si vede anche e soprattutto si sente un elicottero roteare vorticosamente.
Subito non capiamo ma basta vedere strani atterraggi per comprendere di essere anche  qui in presenza dell’Eliski. Mannaggia, in uno dei più reconditi e selvaggi valloni, siamo in presenza degli sciatori eliotrasportati.
Infatti astutamente l’elicottero si ferma esattamente alla sommità a questo stretto canale per riprendere i suoi sciatori, e presto se ne capisce il motivo.

Comincia qua infatti la goduria dello sci, quale sorpresa nel vedere 4 sciatori sfrecciare giù a folle velocità per meravigliosi pendii. Restiamo a bocca aperta per qualche minuto ma capiamo
che qui comincia il paradiso della neve polverosa , del vero Canada nostrano, che ci fa pervenire velocemente sotto la punta.
Il ripido pendio che chiude la testa del vallone sospeso ci adduce rapidamente sotto la punta terminale rocciosa, che si riesce a passare tramite un traverso a sinistra  per riprendere la cresta terminale Nord-Ovest e la cima.
Giornata meravigliosa, sole forte ma freddo intenso e vento scoraggiano una sosta prolungata per potere apprezzare il grandioso panorama, e si comincia una delle più belle discese in neve fresca che mi ricordi.
Pendii decisamente sostenuti con pendenze fino a 35°, neve pazzesca che tutto permette , serpentine da urlo e da filmato, insomma tutto ci fa arrivare con una adrenalina alle stelle fino alla quota dei 2000 metri dove ricomincia il canale e dove finisce purtroppo anche la sciata.
Infatti inizia il calvario della discesa su canale in mezzo alle valanghe, beh pazienza, non si può avere tutto, l’importante è divallare, anche se su una neve  praticamente insciabile.
Si riprende la stradina di fondo valle, che ricordavamo di avere percorso in salita durante il percorso di andata. Incredibilmente anche al ritorno la strada continua ad essere in salita.
Misteri delle valli  nascoste o forse della stanchezza!



domenica 10 marzo 2013

Trail Autogestito Val della Torre 10 marzo 2013


Foto Trail autogestito Val della Torre
Foto Trail autogestito Val della Torre (OrcoMarvic)
Sito Gli Orchi Trailers ASD

Giornata perfetta per il Trail autogestito di Val della Torre denominato Sulle tracce della maratona alpina
Circa 60 Trailers hanno partecipato al trail di 19km e 800D+ organizzato da Gli Orchi Trailers ASD

Tracciato, segnato il giorno prima da OrcoSilver, era senza neve e con un sole che invogliava a correre, vista sullo splendido catino di Val della Torre.

Gli Orchi di collegamento OrcoIng, OgreDoctor, durante il Trail, hanno fatto si che tutti ritornassero alla base.
Ristoro dell'OrcoCamola a meta' percorso....con due salsicce mi sarei fermato li.

Il momento piu' bello e' stato il pranzo preparato da OrcoMagoo e OrcoGreg a base di pasta e con un sugo da favola, non mancava la birra, il vino, la frutta e i dolci  preparati da tutti Gli Orchi Trailers.
Tracciato


VIDEO della Prova di Sabato 2 Marzo 2013

lunedì 4 marzo 2013

Ciaspole & Racchette Testa di Cervetto Oncino(Cn) 3 Marzo 2013

Foto Ciaspole testa Cervetto Oncino(Cn) di OrcoCamola

Dal racconro dell'OrcoDavid
Giornata memorabile al cospetto del Re di Pietra quella vissuta dagli Orchi Gabriella, Paolo, David e OrcoCamola domenica scorsa, ciaspole ai piedi.
Ma andiamo con ordine. L’appuntamento è alle 7 al parcheggio dell’Ospedale di Rivoli, l’unico che conosce tutti è Orcocamola che si prodiga in un primo record di giornata; sveglia, preparazione e ritrovo in 7 minuti netti. Ci siamo, ci si presenta e si parte alla volta di Oncino, fraz Meire Bigoire, dove parte la ciaspolata verso la testa di Cervetto 2.350 mt (850 mt. circa di dislivello), tranquillo panettone innevato che ha la particolarità di essere di fronte al Monviso
A guidarci per le strade del Pinerolese è Orcopaolo che tutti i giorni va a guadagnarsi la pagnotta in quel di Barge. Dopo una pausa colazione a Bagnolo ci inoltriamo in valle Po, verificando piacevolmente che la nevicata di settimana scorsa , a sud del Po, ha lasciato maggiormente il segno rispetto alle valli a noi vicine
Verso le 8.45 il pianoro delle Meire è ancora all’ombra e quindi piuttosto freddino. Il dislivello non è eccessivo ma si fa tutto in tre rampe che alla fine risultano belle toste. Per fortuna la traccia segnata, il sole che spunta presto  e la vista mozzafiato ci alleviano non di poco la fatica.

Gli altri orchi denuciano di essere  neofiti ciaspolatori... per fortuna!! salgono in poco più di due ore e per le 11.30 circa stanno già azzannando panini e cibarie varie. Io che passo per essere il più esperto  riesco in un sol colpo a dimenticarmi guanti e occhiali da sole, roba che il più disperato dei “duminichin” tiene sempre nello zaino.
La cima è totalmente popolata di ski-alp e ciaspolatori, la primavera incipiente ci consente di goderci la pausa con calma, scattare foto “di vetta” e fare amicizia con simpatici  esseri per metà cani e per metà freezer. Poi il grosso degli scialpinisti decide di scendere e anche noi cominciamo già a pregustare discese bambinesche in neve fresca.
In effetti, gli ampi pendii della montagna e la buona tenuta della neve per tre quarti del percorso ci consentono una discesa veramente goduriosa  su neve fresca con i nostri plasticoni ai piedi. Fa eccezione OrcoPaolo che è costretto da un paio di ipertecnologiche racchette da corsa a seguire per lo più la traccia di salita, ma non sarà certo questo a fermarlo, infatti sarà il primo ad arrivare alla macchina e ad aspettarci.
L'ottima giornata si è poi conclusa con una meritata birra bevuta all'aperto sui tavolini del locale alle Meire Bigoire di fronte ai raggi di un sole finalmente caldo...
Che dire, gran bella giornata regalata dalla montagna e dal clima e condivisa in piacevole amicizia.
Alla prossima!
OrcoDavid

domenica 3 marzo 2013

Scialpinismo Moncrons di Pragelato (To) 3 Marzo 2013

Foto Scialpinismo al Moncrons Pragelato

Dal racconto dell'OrcoIng


Quota di partenza (m): 1575
 Quota vetta (m): 2507
dislivello complessivo (m): 932
tipo itinerario: pendii ampi 
difficoltà: MS :: [scala difficolta]
esposizione preval. in discesa: Sud-Est
località partenza: Granges (Pragelato, TO) 
punti appoggio: PRAGELATO

Ma comincia male la gita. Alle sei del mattino squilla il telefono, mio fratello mi conferma che non se la sente di venire in montagna.
Allora dopo aver girovagato sulle mail sempre alle 6,00 dell’alba, ormai con la zaino pronto  e gli sci già pellati (orrendo neologismo da tardo scialpinista del mesozoico) e soprattutto con la moglie da lungo tempo assuefatta, decido di partire per Pragelato.
Le previsioni, ad onta della fitta nebbia che avvolge tutta la pianura, sono perfette: alta pressione costante.
Infatti fino a Pinerolo, Nebbia! Ma il feed back  nelle previsioni meteo è ormai consolidato al 100%.
Pragelato conferma in pieno le aspettative che il suo nome ci evoca. Gelo perenne, alle 8,30 il sole non sta qui di casa. Ma la mia meta è Alevè, la frazione posta  più sopra  a circa 1700 metri di quota.
Beh, Alevè è il villaggio alpino dei nostri sogni, non ti stupiresti di trovarci  Heidi con suo nonno sulla slitta.
Alevè e la  vicina frazione di Villardamont, costituiscono le due più alte frazioni di Pragelato, frazioni che risalgono al 1700 e certamente densamente abitate fino agli inizi del 1900.
Alevè in particolare costituisce un nucleo abitativo estremamente denso, dove le case si sorreggono l’una sull’altra, tutte a ridosso e a protezione della chiesetta, che però in  evidente manifestazione  di supremazia del divino sul materialismo,  ne rimane orgogliosamente defilata, ma completamente visibile.
All’estremità di Levante del borgo, non poteva mancare il forno della Borgata, tutt’ora in ottimo stato di conservazione, in un edificio completamente in pietra e soprattutto staccato dalle case per evidenti problemi di incendio.

 Il nucleo si erge su un vasto terrazzamento con pendii perennemente soleggiati ed adatti alla coltivazione della segala e dell’orzo. Oltre a costituire un valido aggregato per una mutua difesa dal rigido clima alpino, il borgo abitativo doveva in primis salvaguardare il territorio lasciando più spazio possibile per le coltivazioni  e la pastura. Ed infatti i pochi viottoli che percorrono il borgo sono talmente stretti da essere coperti praticamente dalle falde dei tetti e riparati da neve e pioggia.
Alevè in dialetto ci evoca l’inno al sole, la grande magia del sole nascente.
Non esiste praticamente Valle in Piemonte che non riporti il Toponimo di Alevè. Tutte le frazioni, borghi, case sparse storicamente ricercano il versante dell’Indiritto, l’esposizione solare ed il caldo abbraccio del miracolo quotidiano del sole nascente.
Non avendo fortunatamente  ancora avuto a disposizione tutta la recente normativa sul contenimento dei consumi energetici, tuttavia i vecchi costruttori si sono rivelati molto più saggi di noi moderni tecnocrati computerizzati. Nel nostro terzo millennio riusciamo ad edificare in zone valanghive, su pendii soggetti a frane ed instabilità geotecnica, su compluvi della montagna esposti ad alluvioni o a smottamenti, e soprattutto per mancanza di spazio libero costruiamo all’Inverso.
Comunque nonostante il nome beneaugurante, il Villaggio, che ha avuto un importante opera di  sapiente ristrutturazione negli anni 90, risulta solo parzialmente  utilizzato. Molte case sono vuote, la locanda e l’ufficio Immobiliare risultano chiusi. Comunque chiaramente e purtroppo solo seconde case da villeggiatura.
Ma inforcati gli sci, salgo rapidamente sui prati di monte, tra tracce di neve ed erba, praticamente fino alla superiore pineta.
Finalmente si comincia ad arrancare. Nessuna traccia di sci, solo  una  pista battuta da ciaspolari che ormai predominano alla grande. Meno male che ci sono, altrimenti avrei dovuto battermi tutta la traccia su almeno 40 cm di neve fresca con una tremenda faticaccia!
La pista è talvolta troppo ripida per gli sci e mi obbliga a svariati contorcimenti  e girovagamenti tra gli alberi ed in circa un ora  mi porta sui pendii terminali, da dove per cresta levigata dal vento si arriva alla croce di vetta. Immancabile foto, vista spaziale sulla Val Troncea ed il gruppo dell’Albergian,. Siamo a cavallo della Val Chisone e della val di Susa. Ma siamo anche sopra il comprensorio i Sauce  d’Oulx con il laterale Ginevris, ed infatti, appena sotto verso Sauce ecco apparire la stazione di arrivo di uno Skilift con i suoi perfetti sciatori.
Ma non mi interessa, loro stanno a Nord, io vado a Sud. Infatti non incontro anima viva sul mio percorso.
La discesa, dopo un primo tratto duro e leggermente ventato, presenta una bella neve nel bosco, farinosa ma non leggera, anzi talvolta leggermente coesiva, comunque ben sciabile. Da dimenticare l’ultimo tratto sui prati.